Cosa significa ripartire?

Cosa significa ripartire?

Condividi via

La fase 2, attesa e, al tempo stesso, temuta è arrivata. Dopo il “restiamo a casa” dei mesi di lockdown, dovuto all’emergenza Covid-19, la parola d’ordine è diventata “ripartire”. Che significa ripartire? Cosa implica per tutti noi a livello psicologico?

Un cambio di scenario

Da psicologa, la prima cosa che mi evoca l’idea di ripartire è quella del cambiamento, inteso come passaggio dal familiare all’ignoto; si tratta di un cambio di scenario che, di solito, sperimentiamo ogni qual volta affrontiamo un momento di transizione nella nostra vita.

Mi riferisco, ad esempio, al passaggio dall’infanzia all’adolescenza o da un ordine di scuola a quello successivo, la fine degli studi con l’ingresso nel mondo del lavoro, lasciare la casa in cui siamo cresciuti per andar a vivere da soli, iniziare una convivenza o avere un figlio.

La fine della quarantena ci mette di fronte ad una transizione. Siamo alla fine di un ciclo e all’inizio di un altro, cosa che, di solito, ci porta a provare emozioni contrastanti: abbiamo paura di cambiare e, al tempo stesso, siamo curiosi di quello che ci attende. Abbiamo nostalgia del passato e desiderio del futuro.

Di certo la situazione che abbiamo vissuto e stiamo continuando a vivere esula dall’ordinario e rappresenta una fase di transizione non convenzionale della vita, ma è comunque un momento di passaggio con cui ci troviamo a fare i conti.

Cosa portiamo con noi?

Due mesi e mezzo fa l’emergenza ha travolto la nostra quotidianità e ci ha costretto a fare i conti con nuove abitudini. Ci siamo reinventati, cercando di trarre il meglio dalla situazione; abbiamo tirato fuori le nostre risorse e molti di noi hanno scoperto di possedere qualità che non conoscevano. Una sfida di questa portata ci ha indotto a creare dei nuovi equilibri ai quali ci stavamo abituando ed ecco che siamo di nuovo costretti a rimetterci in gioco.

Di tutto restano tre cose:
la certezza
che stiamo sempre iniziando,
la certezza
che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza
che saremo interrotti prima di finire.

Fernando Pessoa

Cosa ci aspetta oggi fuori dalla porta di casa? Di certo non il mondo pre-pandemia, non il ritorno alla nostra quotidianità pre-emergenza; non mi riferisco solo alla necessità di continuare ad adottare misure anti-contagio. Questa esperienza, come tutte le esperienze che viviamo, ha modificato qualcosa nel nostro sguardo sul mondo.

Forse la quarantena ci ha fatto capire che abbiamo bisogno di prenderci più cura di noi stessi, rallentando i ritmi pressanti e il costante orientamento all’efficienza per dedicare del tempo alle nostre passioni sopite. Forse ci ha fatto capire che abbiamo bisogno di superare l’isolamento, ampliando la nostra rete di relazioni, perché i rapporti umani, quando sono fonte di benessere, sono importanti e rendono la nostra vita più ricca e intensa.

Il tempo sospeso del lockdown ha rappresentato per molti di noi un’occasione irripetibile per venire in contatto con consapevolezze inedite su noi stessi e sui rapporti con chi ci circonda; è stato un potente agente di velocizzazione di alcune scelte e di rallentamento di altri processi. Ha, di certo, creato una frattura nelle nostre traiettorie di vita precedenti.

Quale libertà?

Vogliamo tornare alla vita di prima? Probabilmente vorremmo accedere a una maggiore libertà, una libertà della quale siamo, ora, in grado di apprezzare molto di più il valore.

L’esercizio della libertà, tuttavia, implica sempre una componente di rischio; la necessità di riprendere il ritmo imparando a convivere con il rischio del contagio non può che sottolineare questo binomio indissolubile, che in questo momento è più esplicito di quanto non sia di solito.

Sin dalla nascita e per tutto l’arco della nostra vita ci troviamo a soddisfare due bisogni complementari, la vicinanza e l’esplorazione. Abbiamo bisogno di protezione, di sentirci al sicuro, e al tempo stesso di prendere il largo, di andare alla scoperta del mondo.

La nostra sfida quotidiana è riconoscere entrambe queste istanze, senza viverle in contrapposizione; l’atto di nascere, separandoci dal corpo di nostra madre, rappresenta il primo di tanti viaggi verso l’ignoto.

Tra sicurezza ed esplorazione

Nell’affrontare il cambiamento ci aiuta l’avere una bussola interiore, un senso di serenità personale che ci rassicuri del fatto che possiamo farcela. Quando stiamo crescendo la fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di affrontare il mondo si costruisce nella nostra famiglia, che ci protegge e, al tempo stesso, ci aiuta a prendere il volo quando è giunto il momento.

Vola solo chi osa farlo.

Luis Sepúlveda

Di certo, nel nostro avventurarci nel mondo conviene portare con sé un senso di protezione personale che entri in scena al momento opportuno. Come Icaro vogliamo spiccare il volo, ma l’assenza di un limite può portarci ad avvicinarci troppo al sole ed a bruciarci le ali.

Questa è la sfida che la fase 2 ci mette davanti: rientrare nel mondo e riprendere i nostri ritmi mantenendo, al tempo stesso, la prudenza necessaria a proteggere noi stessi e gli altri. Può non apparirci immediato, ma siamo di certo attrezzati psicologicamente per farlo, perché la vita altro non è che una ricerca costante di equilibrio tra sicurezza e rischio; semplicemente la situazione presente ha reso questa dinamica ancora più concreta.

Armonizzare gli opposti

Armonizzare gli opposti è una sfida sempre attuale in tutto ciò che facciamo: scegliamo ogni giorno quanto essere vicini agli altri e quanto mantenere i nostri spazi, quando rifugiarci nella zona di comfort e quando sfidare l’ignoto, quando optare per la sicurezza e quando per l’esplorazione.

Se non ci fosse un continuo gioco tra gli opposti,
il mondo finirebbe.

Jostein Gaarder

Auguro a tutti noi di trovare lo slancio necessario a rimetterci in gioco, utilizzando le nuove consapevolezze  maturate durante la quarantena come bussola per questa nuova fase.

Facciamo sì che la necessità di continuare ad adottare misure di prevenzione del contagio non rappresenti un ostacolo alla sana voglia di vita e di relazione, bensì un modo per affrontare la ripresa e le sfide che comporta con il giusto grado di responsabilità, da attivi protagonisti della nostra esistenza.

 

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. Orietta Scircoli

    Salve, Orietta Scircoli, Psicologa Psicoterapeuta, indirizzo Analitico Transazionale, Psicodinamica, Psicodiagnostica. Lavoro in Psichiatria, ASL FG 2.

    Mi piace tanto il tuo articolo.
    Finalmente posso condividere qualcosa di non banale….ho letto tanti articoli, ascoltato interventi su questa “chiusura, “esilio” dalla socialità e mamme bisognose di aiuto e sostegno per gestire compiti e “tempo pieno” dei propri figli. Ciò mi sgomenta, perché credo che i bambini siano capaci di riscoprire la propria creatività…le madri un po’ meno. Sono madre anch’io, i miei figli sono uomini e quando, da piccoli, è stato necessario tenerli a casa, compresi i mesi estivi, ero più felice di loro…E’ giusto che la società si prenda cura dei minori, che le insegnanti si occupano della loro formazione…sarebbe giusto che ogni genitore riscopra in sé la capacità di essere “Genitori – Bambini”. Il lockdown in questo senso, è una grande risorsa.

    1. Dott.ssa Annalisa Bertuzzi foto bio

      Grazie mille per l’apprezzamento. Il periodo che stiamo vivendo ci mette di fronte a molteplici sfide, trovo senz’altro che una di queste sia capire come investire il nostro tempo in modo creativo. Essere buoni Genitori, anche di noi stessi, è un apprendimento costante 🙂

Lascia un commento