Isolamento e mancanza di supporto sono le caratteristiche che nell’immaginario collettivo rappresentano la solitudine. Esiste, però, una solitudine positiva: sto parlando di una situazione attivamente scelta in cui decidiamo di godere della compagnia di noi stessi.
Non voglio correre il rischio, nel parlare dei vantaggi della solitudine, di essere fraintesa. Non sto affermando che sentirsi isolati e disconnessi dagli altri sia piacevole; rappresenta, al contrario, un vissuto doloroso.
Nella società di oggi si mette spesso l’accento sulla necessità di essere autonomi e indipendenti (cose giustissime) confondendo, però, la capacità di stare da soli con la tendenza a negare o sottostimare il naturale bisogno di vicinanza e supporto connaturato agli esseri umani.
Per fare chiarezza ci viene in aiuto la lingua inglese che possiede, per queste due condizioni, due parole distinte: loneliness ossia la solitudine subita, fonte di sofferenza, e solitude, la solitudine cercata, fonte di benessere.
Fermo restando che ognuno di noi ha il suo punto di equilibrio personale tra bisogno di contatto con gli altri e bisogno di tempo per sé, la solitudine intesa in positivo rappresenta, dal mio punto di vista di psicologa, una risorsa da valorizzare.
Tempo per noi stessi
Per solitudine positiva intendo lo stato in cui abbiamo la possibilità di ritagliarci del tempo di qualità e possiamo, quindi, occuparci del nostro benessere.
I mesi di lockdown appena trascorsi hanno rappresentato, per alcuni, l’opportunità di sperimentare questo tipo di solitudine benefica di cui hanno avuto la possibilità di apprezzare i vantaggi, come, ad esempio:
- concentrarsi su di sé, entrando in contatto con i propri bisogni e desideri;
- sviluppare la creatività, portando alla luce i talenti di cui si è dotati e perseguire i propri obiettivi;
- coltivare gli hobby, gli interessi e le passioni per cui, spesso, non si trova il tempo.
Introversione e solitudine
Le persone tendenti all’introversione sono, di frequente, più in grado di apprezzare gli aspetti positivi della solitudine.
Chi è introverso ha, in genere, bisogno di “ricaricare” le proprie energie trascorrendo del tempo in solitudine, a differenza delle persone più estroverse che trovano energizzante il contatto con gli altri.
Spesso chi si trova a suo agio in solitudine viene considerato scarsamente propenso ai rapporti umani. Dal mio punto di vista, invece, saper stare da soli è complementare al saper entrare in relazione con gli altri.
Essere capaci di vivere la solitudine, cogliendone gli aspetti positivi, permette di scegliere di far entrare persone nella propria vita per arricchirla, non per riempire dei vuoti relazionali.
Fuga dalle relazioni
C’è notevole differenza tra il sottrarsi alla vita sociale a causa di difficoltà nei nostri rapporti interpersonali e il decidere in piena libertà, assecondando le nostre esigenze, i tempi e i modi in cui cercare il contatto con gli altri. Siamo noi a poter valutare, in base al nostro vissuto, quando stare con gli altri e quando, invece, abbiamo bisogno di stare con noi stessi.
Può succedere di evitare gli eventi sociali per timore del confronto, perché sono fonte di stress o perché non ci sentiamo a nostro agio. In questo caso è importante riconoscere e accogliere il nostro disagio, senza che la strategia di evitamento diventi l’unico modo per far fronte alla difficoltà che avvertiamo, finendo per chiuderci troppo in noi stessi pur di non affrontare il mondo.
Fuga dalla solitudine
Può capitare di voler fuggire dalla solitudine, perché ci obbliga a venire a patti con noi stessi. Saper stare con se stessi, è, però, un’abilità importante da coltivare, perché permette di diventare più consapevoli, imprimendo alla nostra vita miglioramenti sostanziali.
Molte persone cercano quanto più possibile di evitare i momenti di introspezione, che avvertono con un senso di vuoto o di noia, impegnandosi in una costante ricerca di stimoli che può avere lo scopo (a volte inconscio) di distrarsi, allontanando le preoccupazioni e le emozioni scomode.
È naturale voler stare bene prendendo le distanze dalle ansie e dalle difficoltà, ma è improbabile che la strada per una maggiore serenità passi attraverso la negazione degli aspetti di noi che non riusciamo a gestire.
Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione.
Zygmunt Bauman
Coltivare la vita interiore
Non è salutare sfuggire costantemente all’incontro con se stessi: abbiamo bisogno fare i conti con gli aspetti di noi che non ci piacciono o che ci creano conflitti. Affrontare le difficoltà a viso aperto può apparire, in prima battuta, più faticoso, ma, nel medio-lungo termine, ci rende più forti e sicuri.
Riuscire a stare da soli significa creare uno spazio di elaborazione e di cura. Attività come la meditazione o le tecniche di rilassamento possono aiutarci; io personalmente propongo la scrittura come strumento che permette di alleggerirci e creare uno spazio esclusivo di benessere personale.
Mi chiedi qual è stato il mio più grande progresso? Ho cominciato a essere amico di me stesso.
Seneca
Se la solitudine che viviamo ha queste connotazioni positive rappresenta una condizione fertile, che ci permette di recuperare la centratura su noi stessi, cosa che, paradossalmente, ci permette di migliorare i rapporti con gli altri. Come possiamo creare relazioni positive con chi circonda se non siamo, in prima battuta, in grado di avere un buon rapporto con noi stessi?
Questo articolo ha un commento
Buona sera,
sono d’accordo con lei dottoressa.
Belle parole.
Simone