Questo libro, da cui è stato tratto anche un film, prova ad immaginare la nascita di un quadro famoso, “La ragazza con l’orecchino di perla”. E’ una storia che ci parla di crescita e di acquisizione di consapevolezza.
Nell’Olanda del 1600 Griet viene assunta come domestica nella casa nel pittore Johannes Vermeer. Oltre alle consuete faccende di casa, Griet ha un compito speciale: pulire l’atelier in cui l’artista lavora stando attenta a non spostare nulla, riponendo con cura ogni oggetto nel medesimo posto in cui l’ha trovato; l’atelier è, infatti, lo sfondo che il pittore raffigura nei suoi quadri, opere curate nei minimi dettagli, nelle quali ogni singolo elemento ha un ruolo.
Nelle pagine avvertiamo l’amore per l’arte, tanto che sembra di poter vedere i colori e i paesaggi descritti; è altrettanto intenso ed impalpabile il sentimento che lega Griet e Vermeer, due mondi differenti che si rispecchiano l’uno nell’altro.
Nascita di un legame
La ragazza è quasi analfabeta, ma è figlia di un decoratore di piastrelle, ed è affascinata dai colori e dall’arte, verso la quale ha una naturale sensibilità; giorno dopo giorno si lascia sedurre, suo malgrado, dai quadri di Vermeer.
Griet comincia a fare da assistente all’artista e ad entrare nel suo mondo, il mondo rarefatto e luminoso che raffigura nei sui quadri. Tra il pittore, un uomo taciturno, assorbito dal suo lavoro, e la domestica si crea un’intesa silenziosa e complice, basata sulla reciproca comprensione.
Questo genera tensione e profonda gelosia in Catharina, la moglie del pittore, che da quel mondo si sente disperatamente esclusa; la stessa Griet si viene a trovare in una posizione difficile, lacerata tra istanze contrastanti. Il racconto è lineare, sommesso, così come la protagonista, sempre attenta a celare i pensieri e i moti più profondi del proprio animo.
Conflitto tra ragione e sentimenti
Il libro esprime bene il conflitto interiore di Griet, che si trova a dover fare una scelta tra arte e realtà, tra il suo mondo per come l’ha conosciuto fino a quel momento e il mondo di Vermeer. Viene mostrata con delicatezza la relazione tra Griet e Vermeer, due persone molto vicine e, al tempo stesso, infinitamente distanti.
Griet sembra trovare questo conflitto insanabile al punto da ritenere che l’unico modo per salvare se stessa, la propria identità, sia quello di aggrapparsi alla concretezza della realtà, alla sicurezza di orizzonti consueti.
Pur tenendo conto di questo, è bello poter pensare che salvaguardare se stessi e seguire le proprie aspirazioni non debbano essere considerati due obiettivi in inevitabile contrasto; nel mondo di Griet c’è troppa antitesi tra desideri e realtà, tra razionalità ed emozioni, tra ciò che è meglio e ciò che si vorrebbe, tra ciò che è appropriato e conveniente e ciò che è rischioso.
Essere se stessi
Griet si sforza di “rimanere se stessa”. Vermeer è uomo egoista, preso più da sè che da chi gli sta intorno e Griet teme di essere, più che se stessa nelle sua realtà di persona, unicamente la musa ispiratrice del pittore, fonte di interesse solo nella misura in cui contribuisce alla creazione artistica.
Se anche ciò è vero, l’altra via, il mettere da parte la sensibilità per l’arte, il rifugiarsi nella rassicurazione di scelte prevedibili restituisce davvero a Griet il senso della propria identità?
È davvero questo lei, una domestica e nulla di più? Sarebbe bello poter esplorare la possibilità, nella vita, di raccogliere le sfide, cercando un equilibrio tra chi siamo, chi vorremmo essere e…chi ancora non siamo mai stati. Ma chissà.