Avete presente la la sensazione di non sentirsi all’altezza? Il perfezionismo può indurci a credere che quello che facciamo non sia mai sufficientemente ben fatto.
Voler raggiungere dei risultati apprezzabili è naturale; desideriamo migliorare noi stessi e, per farlo, ci confrontiamo con degli standard da conseguire. Si tratta di un meccanismo positivo fino a quando, invece che essere d’aiuto, ci paralizza.
Non passo all’azione per paura di sbagliare
Ogni volta che ci cimentiamo con qualcosa di nuovo, esponiamo noi stessi alla necessità di compiere degli errori. Sbagliare fa parte di qualsiasi processo di apprendimento; che si tratti di imparare a nuotare, ad andare in bicicletta o di acquisire altro tipo di abilità, abbiamo bisogno di provare, cadendo e rialzandoci, fino a quando non abbiamo imparato.
Se immaginiamo di saper fare qualcosa al primo colpo abbiamo un’idea non realistica. Gli sbagli che facciamo non sono un fallimento o la dimostrazione che quell’obiettivo non fa per noi; sono, al contrario, parte del percorso attraverso il quale passiamo dal non saper fare qualcosa al saperlo fare.
Se la paura di sbagliare ci terrorizza, se siamo portati a ritenerci incapaci non appena commettiamo un errore, finiamo per non intraprendere nulla di nuovo, limitando fortemente la nostra libertà d’azione e le nostre possibilità di crescita.
Se non raggiungo il massimo ho fallito
La rincorsa della perfezione può essere molto frustrante. Se ci poniamo degli standard elevatissimi, sottoponendo noi stessi ad una forte pressione verso i risultati che riteniamo di dover raggiungere, corriamo il rischio di svalutare i passi in avanti che facciamo solo perché ci sembrano poca cosa rispetto alle nostre aspirazioni.
Ricordiamoci che fare qualcosa di nuovo, di qualsiasi cosa si tratti, richiede dei tempi; un progresso, anche piccolo, dimostra che stiamo procedendo nel nostro cammino. Se abbiamo nei riguardi di noi stessi un atteggiamento eccessivamente severo e giudicante otteniamo come unico risultato quello di scoraggiarci, finendo per desistere perché “tanto non serve a niente“.
Il cambiamento è un processo. Quando ci sentiamo stanchi e demotivati rispetto alla strada che ci manca, proviamo a guardarci indietro: ci accorgeremo di quanta strada abbiamo già fatto.
Come posso ritrovare l’entusiasmo perduto?
Può succedere, inoltre, di partire carichi dell’euforia che caratterizza l’inizio di qualcosa. Cominciamo pieni di entusiasmo, pregustando già i risultati che otterremo. Appena ci imbattiamo negli inevitabili ostacoli il nostro entusiasmo subisce una brusca battuta d’arresto. Non pensavamo potesse essere così difficile.
Solo quando passiamo all’azione ci rendiamo conto delle difficoltà da superare per raggiungere un determinato obiettivo; in astratto le cose sembrano sempre più semplici.
In casi del genere il rischio di gettare la pugna è grande. Come possiamo tornare motivati? Non c’è altro modo se non rispettare i nostri ritmi, ponendoci degli obiettivi realistici e accessibili da raggiungere. Renderci contro che siamo in grado di ottenere dei risultati ci incoraggerà a perseverare.
Sto rispettando i miei desideri?
Chiediamoci sempre cosa ci spinge a metterci in gioco. La fatica di fare qualcosa di nuovo viene compensata dal piacere di star investendo le nostre energie e il nostro tempo in qualcosa che ci sta a cuore. Ci interessa davvero raggiungere quell’obiettivo? Oppure stiamo sottostando a delle pressioni esterne?
In conclusione voglio ricordare una cosa, apparentemente scontata, ma che, molte volte, ci dimentichiamo: la perfezione non esiste. Per fortuna, aggiungerei. La vita è perenne mutamento, mentre la perfezione è statica. E’ come paragonare una statua ad una persona viva: la statua è perfetta, proprio perché non è reale.
Noi esseri umani, invece, siamo reali e abbiamo tutto il diritto di concederci di sbagliare, per il fatto stesso che siamo vivi e cambiamo giorno dopo giorno.