The Truman show

The Truman show

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Truman Burbank ha una vita tranquilla, anche troppo; ha una trentina d’anni, un  buon lavoro come agente assicurativo, una moglie carina e devota che lavora come infermiera in ospedale, un’anziana madre affettuosa, un amico con cui si confida e dei vicini di casa gentili.

Un “mondo prigione”

A Truman piacerebbe poter evadere dalla routine quotidiana, concedersi la possibilità di viaggiare e di conoscere posti nuovi. I familiari e gli amici cercano di dissuaderlo bonariamente da tali strani progetti.

Ogni volta che cerca di mettere in atto i suoi propositi, si verifica un qualche bizzarro imprevisto che lo costringe a rinunciare: l’impiegata dell’agenzia di viaggi gli comunica che i posti sono esauriti, il traffico intasato gli impedisce di lasciare la città quando tenta di allontanarsi in macchina.

Dopo alcuni episodi di questo tipo, Truman comincia a nutrire dei dubbi e, con l’aiuto di una ragazza incontrata casualmente, scopre la verità: il mondo in cui vive è un gigantesco studio televisivo di Los Angeles.

La sua vita è uno show che va in onda, fin dalla nascita, 24 su 24, e tutte le persone che ne fanno parte (moglie, madre, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa) sono attori ingaggiati appositamente per l’occasione.

La città in cui vive, Seaheaven, non è mai esistita e tutta la sua vita – o meglio il copione- è nelle mani di una sorta di regista-Dio, Christof, che, fin dal principio, ha diretto lo show; questa scoperta mette Truman nella necessità di fare una scelta: rimanere nel suo dorato mondo di cartone, l’unico conosciuto fino a quel momento, o buttarsi nel “mondo vero”?

Sicurezza o rischio?

Quando questo film uscì al cinema, diversi anni fa, l’accento venne messo sulla dinamica da “Grande Fratello”, la pretesa, da parte del mondo della televisione, di appropriarsi della vita della gente, trasmettendola in diretta come uno spettacolo.

Oltre a questo aspetto, senz’altro presente, c’è un altro elemento, estremamente significativo sul piano psicologico, forse meno evidente a prima vista ma altrettanto importante.

Si tratta del conflitto che nasce in ogni persona quando diventa necessario fare una scelta tra la sicurezza rappresentata dal proprio luogo d’origine, dalle proprie abitudini e certezze, da una vita che scorre su binari prestabiliti  e la disponibilità al rischio, alla sfida e alle opportunità che vengono dal nuovo.

Cambiare per crescere

Se ci si mette al riparo da esperienze nuove e mai sperimentate ci si mette al riparo dal dolore e dai rischi, ma, a lungo andare anche dalla crescita e dalla vita stessa.

Si finisce, quindi, per vivere una vita artificiale, priva di reali stimoli, simile a uno spot pubblicitario; ne vale davvero la pena?

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