L’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del Covid-19 a cui dobbiamo fare fronte in questi giorni suscita numerose riflessioni.
Mi sono imbattuta in svariati contributi che prendono in esame principalmente la gestione della paura connessa alla percezione del pericolo attraverso indicazioni antipanico e buone pratiche per contrastare il senso di impotenza e decaloghi per combattere l’ansia, evitando di farci sopraffare dalle notizie preoccupanti che arrivano dai media.
C’è un altro elemento su cui mi sembra opportuno soffermarci: il modo in cui le persone gestiscono la limitazione della propria libertà personale necessaria al contenimento del rischio di contagio. Ogni volta che mi interrogo sul tema dell’esercizio della libertà non possono non tornarmi in mente le parole del grande psicologo e filosofo Erich Fromm:
Paura della libertà
L’uomo crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni e le decisioni comportano rischi. E poi quali sono i criteri su cui può basare le sue decisioni?
La mia sensazione, in questi giorni convulsi, è che molti, troppi abbiano confuso il diritto sacrosanto alla propria libertà personale con il diritto di sottrarsi alle attuali regole dettate dalla necessità di contenere gli spazi e i momenti di socialità, misure straordinarie per affrontare l’emergenza.
Avere o non avere paura?
A persone che sovrastimano il pericolo, lasciandosi dominare dalla paura, fanno da contraltare persone che negano l’esistenza del pericolo, rivendicando a gran voce il bisogno di condurre una vita normale, di non lasciarsi fermare dal virus e anzi di “sfidarlo” perché, “io sono più forte del Coronavirus”.
L’ansia e la paura, però, nelle giuste dosi, rappresentano dei comportamenti adattativi utili a proteggerci, per non farci correre rischi inutili e non farli correre agli altri.
Sia essere in preda al panico che negare l’esistenza di un rischio concreto sono entrambi atteggiamenti distruttivi, per quanto di segno opposto; gli estremi sono sempre dannosi perché offuscano la percezione della realtà. Fermarsi, quando siamo affrontando un momento critico, è una pratica importante e necessaria, che nulla ha a che fare con l’arrendersi, bensì con il prendersi cura di sé e degli altri, raccogliendo le forze per fare fronte alle difficoltà.
La tirannia dell’efficienza
A livello individuale mi capita spesso di osservare un approccio analogo nelle persone convinte che per reagire a vissuti depressivi sia necessario avere un atteggiamento positivo a tutti i costi e buttarsi a capofitto nell’azione, per non pensare, per allontanare la consapevolezza scomoda della nostra vulnerabilità.
Finché siamo efficienti, fino a quando i nostri ritmi quotidiani, molte volte sostenuti al limite della tollerabilità, non rallentano, ci sentiamo vivi e ci sembra di controllare la situazione. Che senso ha rifugiarci nell’illusione dell’invincibilità? Usiamo piuttosto la nostra libertà per scegliere di adottare dei comportamenti protettivi, che ci aiutino ad affrontare al meglio questa emergenza.
Decidiamo consapevolmente, senza che ci venga imposto dall’esterno come se fossimo bambini immaturi invece che adulti consapevoli, quando è il momento di osare e quando, invece, la cosa migliore è essere prudenti. Vogliamo tutti essere liberi, ma siamo abbastanza maturi per esserlo? O confondiamo la libertà con l’agire senza preoccuparci delle conseguenze delle nostre azioni?
Se il nemico siamo noi
Quando la diffusione del Covid-19 appariva a molti legata solo al contatto con persone di origine cinese, si era diffusa una paura irrazionale di negozi, parrucchieri e ristoranti cinesi, tutte cose che, fino a quel momento, erano appartenute alla nostra quotidianità. Ci viene naturale etichettare come pericoloso ciò che è diverso da noi, perché è più facile affrontare una minaccia che viene dall’esterno.
Ora, invece, ci viene detto che siamo noi, con i nostri comportamenti, normali fino all’altro ieri, che possiamo contribuire al diffondersi del contagio. Ci troviamo, quindi, nella necessità di confrontarci con noi stessi, modificando la nostra propensione al rischio per fronteggiare l’emergenza che stiamo vivendo.
Saremo all’altezza del compito? La capacità di autoregolarci è essenziale per il nostro benessere. Seguire le regole non vuol dire necessariamente essere passivi, limitandoci ad aderire a richieste esterne. Vuol dire, invece, riconoscere che ci sono comportamenti più adeguati di altri per fare fronte ai problemi, comprendendo l’importanza del nostro agire individuale per contribuire ad arginare un problema reale che ci riguarda tutti.
Sicurezza ed esplorazione
Sin da bambini ci confrontiamo con il desiderio di scoprire il mondo, confrontandoci con l’ignoto, e con il complementare bisogno di essere al sicuro. Sono comportamenti entrambi importanti, durante la fase di crescita come anche nell’arco di tutta la vita.
Impariamo a capire quando è il momento di correre dei rischi e quando, invece, è il momento di proteggere la nostra sicurezza. Potremo scoprire che anche il fermarci, accogliendo l’opportunità di imparare a stare di più con noi stessi, è un’abilità che ci permette di scoprire di possedere risorse inaspettate. Ripartiremo più forti e consapevoli.
Come scrive Murakami:
La tempesta
Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.