Abbiamo tutti dentro di noi un “critico interiore” che si fa sentire per segnalare che non andiamo bene così come siamo, che quello che facciamo non è abbastanza ben fatto e che sottolinea le nostre mancanze.
Si tratta di una voce difficile da contrastare e che può rappresentare una zavorra emotiva che ci condiziona pesantemente tutte le volte in cui ci accingiamo a prendere delle iniziative, perché ci induce a pensare di non essere all’altezza delle nostre aspirazioni.
Quando il critico interiore muove i suoi attacchi diventa difficile fare quello che desideriamo, provare a concretizzare le nostre aspirazioni, perché siamo frenati dal timore di non farcela.
A cosa serve il critico interiore?
II critico interiore nasce come un meccanismo protettivo, nel senso che avrebbe, in origine, lo scopo di aiutarci a capire come conviene comportarsi nelle situazioni in cui ci veniamo a trovare; ad esempio quando siamo chiamati a prendere una decisione soppesando quale opzione sia la migliore per noi in vari ambiti della nostra vita:
Accetto questa proposta di lavoro?
Mi trasferisco in un’altra città?
Vado alla festa a cui mi hanno invitato?
Dico a questa persona che mi piace?
In caso di scelte significative o anche più “piccole” ci troviamo a chiederci cosa siamo o non siamo in grado di fare, se siamo interessanti o meno; in altre parole non possiamo non confrontarci con l’immagine che abbiamo di noi stessi.
Il critico interiore dovrebbe aiutarci a fare una disamina ragionevolmente oggettiva delle nostre caratteristiche e risorse, in modo da fare le scelte che ci sono più congeniali e da facilitare il nostro “passare all’azione” nella direzione voluta; nella pratica, però, se il giudizio che diamo di noi stessi è troppo severo otteniamo il risultato opposto: ci paralizziamo, battendo in ritirata.
Il pensiero dicotomico
Come possiamo fare in modo che il nostro critico interiore torni ad essere nostro alleato, invece di rappresentare un nemico? Potrebbe essere utile disattivare l’aspetto distruttivo, troppo severo, riconoscendo che, di frequente, il critico interiore ci induce spesso a fare delle valutazioni sommarie del tipo:
se ho fatto un errore ho sbagliato tutto
se non so fare una cosa nuova la prima volta che ci provo non imparerò mai
se sbaglio vuol dire che non sono capace, meglio lasciar perdere
tutti sanno fare questo, tranne me
Come si può notare si tratta di un pensiero bianco/nero, che si chiama pensiero dicotomico, in cui non c’è spazio per posizioni che non siano estreme e che si esprime a suon sempre, mai, tutto, niente; eppure la realtà è fatta di sfumature, di posizione intermedie e non può essere facilmente ricondotta a degli assoluti.
Proviamo a portare alla luce queste convinzioni un po’ rigide e limitanti, per sostituirle con pensieri più flessibili ed aderenti alla realtà:
se ho fatto un errore ho sbagliato qualcosa (non tutto)
se non so fare una cosa nuova la prima volta che ci provo ho bisogno di riprovarci
se sbaglio vuol dire che sto imparando
sto imparando qualcosa che altre persone già conoscono, mentre io non ancora
Trasformare il critico in mentore
Si potrebbe pensare che l’approccio migliore per neutralizzare la voce critica interiore che rischia di paralizzarci sia quello di considerarla come un nemico da combattere; io credo, invece, che, dato che si tratta comunque di una parte di noi stessi, è importante farci amicizia, rendendola nostra alleata.
Stai criticando te stesso da anni e non ha funzionato. Prova ad approvare te stesso e vedere cosa succede.
Louise L. Hay
Il critico diventa un mentore, una guida protettiva che ci supporta, nel momento in cui ci alleniamo a trasformare il suo messaggio. Abbiamo bisogno di una voce interiore incoraggiante, che ci aiuti a cimentarci in cose nuove, permettendoci di cogliere le opportunità che la vita ci offre.
Il mentore interiore, a differenza del critico, mette l’accento sulle nostre risorse, ci aiuta a trovare motivi per agire piuttosto che per rinunciare a priori nel timore che le cose non vadano come speriamo.